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giovedì 25 marzo 2010

Happy Family. La commedia corale segna il ritorno di Salvatores



Dopo aver esplorato i territori drammatici di Io non ho paura e Come Dio comanda, e quelli noir di Quo vadis, baby?, Gabriele Salvatores torna alle origini con una commedia corale a fianco del suo attore feticcio Diego Abatantuono, nei panni di un padre di famiglia sui generis. Il film racconta l’incontro-scontro tra due nuclei familiari milanesi protagonisti della commedia che il giovane sceneggiatore Ezio (Fabio De Luigi) sta scrivendo, alle prese con un periodo di forte stress, tra crisi esistenziali e blocco dello scrittore. Finché gli stessi personaggi decidono di ribellarsi all’insoddisfacente finale…Nelle sale da venerdì 26 marzo.

Otto personaggi, più due cani, in cerca d’autore. Il riferimento alla commedia teatrale di Pirandello è inevitabile durante la visione del film di Salvatores, in cui uno sceneggiatore in crisi comincia a dialogare con i suoi personaggi, prima insoddisfatti dallo sviluppo dei loro caratteri e in seguito addirittura dal finale che Ezio ha scelto per le loro vicende, costringendo lo sceneggiatore a riscriverlo.

Happy Family è dunque un film che dialoga con lo spettatore, in cui i personaggi del film nel film rivolgono spesso, anche fin troppo, lo sguardo verso la macchina da presa per comunicare con lo scrittore, personaggio del film, e, implicitamente appunto, anche con lo spettatore che, invece, appartiene alla vita reale. Se l’espediente dello sguardo in macchina ricorda il Woody Allen delle commedie più riuscite, da Io e Annie fino all’ultima Basta che funzioni, nell’incipit del film di Salvatore questo risulta tanto insistito – tutti i personaggi si presentano allo spettatore adottandolo – da generare un fastidio che accompagna per buona parte della visione. Va meglio nella seconda parte del film, in cui la storia procede fino alla (finta) battuta d’arresto del (falso) finale e alla riunione di tutti i personaggi nell’appartamento di Ezio alla ricerca di una soluzione alle loro intricate vicende.

Al di là della forma più o meno riuscita del film che, comunque, rappresenta una piacevole novità e una ventata di freschezza per la commedia made in Italy, l’accento dell’analisi non può non soffermarsi sull’importanza dei contenuti che gli autori hanno voluto affidare alla penna (o meglio ai tasti del computer) del narratore. <<Tutti i personaggi di questo film hanno paura di qualcosa…in genere paura di vivere, paura degli altri, paura di soffrire, ma anche di provare piacere>> ha dichiarato Salvatores. <<Il film si chiama “Happy Family”. La “famiglia” siamo noi, tutti noi che stiamo facendo insieme questo viaggio in questi anni, su questo pianeta. La felicità è qualcosa a cui avremmo diritto e che, a volte, noi stessi ci neghiamo. Questo film cerca di guardare la vita con un sorriso, e gli altri – i nostri compagni di viaggio – con un po’ di disponibilità e tenerezza. Perché sarebbe bello che questa FAMILY diventasse un po’ più HAPPY>>. Evidenti, anche nelle affermazioni del regista durante la conferenza stampa, i riferimenti e la critica alla realtà sociale e politica italiana di oggi.

Prima di stregare Gabriele Salvatores a tal punto da spingerlo a realizzarne una versione cinematografica, l’omonimo romanzo scritto del co-sceneggiatore Alessandro Genovesi aveva già ispirato la messa in scena di uno spettacolo teatrale da anni in giro per l’Italia con enorme successo.

Regia: Gabriele Salvatores

Sceneggiatura: Alessandro Genovesi e Gabriele Salvatores

Cast: Fabio De Luigi, Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Margherita Buy, Carla Signoris, Valeria Bilello

Fotografia: Italo Petriccione

Scenografia: Rita Rabassini

Costumi: Patrizia Chericoni

Montaggio: Massimo Fiocchi

Origine: Italia 2010

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 90 min.

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