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martedì 19 aprile 2011

Scream 4. Il ritorno di Ghostface tra risate e spaventi



 Dieci anni sono trascorsi dall’ultimo massacro hollywoodiano di Ghostface sul set di Squartati 3. Sidney Prescott (Neve Campbell) è divenuta autrice di un manuale di auto-aiuto per donne traumatizzate e torna a WoodsboroDavid Arquette), sceriffo della cittadina, e la giornalista Gale Weathers (Courtney Cox), sua moglie, e riallaccia i rapporti con ciò che resta della sua famiglia: la cugina Jill (Emma Roberts) e la zia Kate (Mary McDonnell). Ma il suo ritorno in città coincide con l’inizio di una nuova escalation di sangue e terrore…Scream 4 è nelle sale da venerdì 15. per l’ultima tappa promozionale del suo libro. Qui ritrova gli amici Linus Riley (

Wes Craven (regista) e Kevin Williamson (sceneggiatore) rispolverano l’icona horror più rappresentativa del genere Anni Novanta, imbastendo ancora una volta una girandola di inseguimenti, spaventi ed accoltellamenti che, pur avendo come bersaglio una vittima specifica, colpiscono tutti coloro che le gravitano attorno. Come già nei precedenti episodio della saga slaher divenuta ormai culto, nessuno è al sicuro e tutti sono possibili sospettati.
Film ibrido che è in sé sequel e remake allo stesso tempo, Scream 4 è forse il sequel più teorico e cinefilo tra quelli fin ora realizzati: Craven e Williamson citano e criticano saghe concorrenti (Saw), remake a profusione (Halloween, Le colline hanno gli occhi, L’ultima casa a sinistra) e omaggiano L’alba dei morti dementi e L’occhio che uccide di Michael Powell.

Se nel primo capitolo, al centro della lezione di cinema impartita da Craven troviamo le regole del genere horror, seguite da quelle dei sequel in Scream 2 e quelle relative alle trilogie nel terzo capitolo, in epoca di reboot e remake dilaganti, gli autori rimescolano le carte in tavole giustificando l’escalation di violenza e colpi di scena proprio con le regole alla base di un perfetto remake. Va da sé che personaggi, luoghi e situazioni si ripetano incessantemente in un gioco di scatole cinesi che si rivela folgorante fin dal geniale inizio della pellicola, in un discorso meta-cinematografico iperstratificato. Tutto già visto eppure tutto completamente nuovo, o meglio aggiornato all’epoca del web 2.0 e di una generazione che crede di esistere solo se nella propria vita ha conosciuto una tragedia familiare.

Craven e Williamson azzeccano la sequenza d’apertura e rimandano quella finale rispetto alle tempistiche del loro canovaccio standard, ben collaudato nei precedenti capitoli. Guadagnano in originalità, funzionale per portare alle estreme conseguenze il discorso, non nuovo, sulla pervasività dei media nelle nostre vite, ma forse perdono qualcosa sul versante del ritmo. L’amalgama di tensione e divertimento riesce alla perfezione, sebbene il tasso di ironia sia altamente superiore a quello che caratterizza i due sequel precedenti e forse addirittura il capostipite della serie.

Uno degli elementi di maggior interesse di questo nuovo capitolo è innegabilmente il ritorno sulla scena dei personaggi principali della saga che hanno accompagnato lo spettatore nel corso della prima trilogia. Sidney, Gale e Linus costituiscono la struttura portante della storia e per i fan dei primi tre film (come chi scrive) è sicuramente fondamentale ritrovarli coinvolti nella nuova carneficina. Accanto a loro fa comunque il suo debutto una nuova generazione di ragazzi, introdotta per “acchiappare” una potenziale nuova generazione di fan, a cui prestano il volto giovani attori emergenti come Emma Roberts, Hayden Panettiere, Nico Tortorella e Rory Culkin, oltre ai cammei che hanno reso celebre la saga, vera e propria parata di stelle e stelline prese in prestito dai serial televisivi: Shenae Grimes (90210), Anna Paquin (True Blood) e Kristen Bell (Heroes), solo per citarne alcune. 

 Per ora, il ritorno della serie è stato giustificato. Resta da capire quali potranno essere gli sviluppi se è vero, come si vocifera, che Scream 4 non sia solo un semplice sequel ma l’inizio di una nuova trilogia.

venerdì 21 gennaio 2011

Scream 4. Il terrore è in arrivo...



Per la serie "guilty pleasures"!
Per chi ha amato la trilogia originaleè da non perdere. Per chi non la conosce è un'occasione per scoprirla. A chi fa schifo o se ne fotte, continuasse a farlo ;-)

venerdì 14 gennaio 2011

Kill Me Please. La morte non è mai stata più divertente





Il suicidio assistito è una forma di eutanasia attiva e volontaria in cui al suicida vengono forniti i mezzi e le competenze necessarie a porre termine alla propria vita. Proprio di questo si occupa la clinica gestita dal dottor Kruger, medico all’avanguardia che sostiene la necessità nonché l’utilità sociale del suicidio come atto consapevole svolto sotto la supervisione medica. I suoi pazienti rappresentano un universo variegato e bizzarro di persone con disturbi fisici e/o mentali che desidera farla finita. Quando il mondo esterno, ostile e incoerente, irrompe nell’ambiente ovattato e surreale della clinica, il grottesco e tragico destino degli ospiti si compie... Nelle sale da venerdì 12.

Dopo aver trionfato del tutto inaspettatamente al Festival Internazionale del Film di Roma 2010, dove si è aggiudicato il Marc’Aurelio come Miglior Film, arriva finalmente nelle sale italiane Kill Me Please, secondo lungometraggio del regista, sceneggiatore e produttore francese Olias Barco. Un famoso comico con un cancro incurabile, un commesso viaggiatore che cela sordidi segreti, un ricco erede lussemburghese, una bella ragazza con manie autolesioniste, un vecchio cabarettista berlinese dalla voce rovinata e un uomo che ha perso tutto nel gioco d'azzardo, moglie compresa. Sono questi i protagonisti una commedia nera che tratta il tema della “dolce morte” cavalcando l’onda delle polemiche che l’argomento inevitabilmente suscita, attingendo dalla vita reale (in Svizzera esiste realmente un’associazione per l’eutanasia assistita, la Dignitas) e condendo il tutto con un pizzico di fantasia (o intuizione di ciò che verrà) e, soprattutto, con una dose massiccia di humour grottesco che rende il film deliziosamente e irriverentemente divertente. L’apice della follia si raggiunge alla fine, durante l’assedio da parte dei benpensanti cittadini dell’immaginario paese che ospita la clinica, immaginata come una struttura legalmente riconosciuta dallo stato, dal quale riceve fondi e per questo ha obblighi di prestazioni e regole terapeutiche e amministrative molto severe.
Il regista ha ammesso di essere stato ispirato da La grande abbuffata di Marco Ferreri, film contestatissimo al Festival di Cannes anno 1973, in cui un gruppo di commensali fa sua, con un eccesso di serietà che non può far altro che suscitare le risate dello spettatore, una logica inevitabile ed ossessiva, spingendola oltre i confini: mangiare fino a morire. Ma il richiamo, soprattutto dal punto di vista produttivo, è anche al film Il cameraman e l’assassino, uno dei pochi mockumentary che si spinge fino al punto di decostruire il genere documentario. Non a caso, nel film di Barco ritroviamo un livido bianco e nero e uno stile di regia asciutto ed essenziale tipico del documentario, una narrazione realistica anche nella sua eccessiva stranezza. <
Nonostante gli sforzi per programmare la morte e renderla così meno dolorosa, un destino ineluttabile fa sì che questa giunga a colpire inaspettatamente e indiscriminatamente con violenza inaudita. In definitiva, la morte non ha mai fatto così ridere.

Regia: OLIAS BARCO
Sceneggiatura: OLIAS BARCO, VIRGILE BRAMLY e STÉPHANE MALANDRIN
Cast: AURELIEN RECOING, VIRGILE BRAMLY, VIRGINIE EFIRA, BOULI LANERS
Scenografie: VINCENT TAVIER
Fotografia: FRÉDÉRIC NOIRHOMME
Costumi: ELISE ANCION
Montaggio: EWIN RYCKAERT
Origine: Belgio/Francia 2010
Distribuzione: Archibald Enterprise Film
Durata: 95min.

giovedì 13 gennaio 2011

Un giorno della vita. La favola del cinema rivive nell’estate di un bambino


Un giorno della vita. La favola del cinema rivive nell’estate di un bambino





Basilicata 1964. Salvatore (Matteo Basso) è un bambino di 12 anni con una divorante passione per il cinema che lo spinge a raggiungere ogni giorno in bicicletta, insieme agli amici Alessio (Amedeo Angelone) e Caterina (Francesca D’Amico), il paese vicino per poter assistere alle proiezioni di una saletta di terza visione. La passione di Salvatore è però osteggiata dal padre, contadino comunista che vorrebbe il figlio già coinvolto nelle attività del partito. Un giorno, l’annuncio della vendita di un vecchio proiettore 16 mm fa nascere in Salvatore un’idea che lo condurrà dritto in riformatorio. Nelle sale da venerdì 14.

La storia di Salvatore, finito in riformatorio per volere del padre, è narrata in flashback dallo stesso protagonista al giornalista interpretato da Alessandro Haber. Attraverso il suo racconto viviamo le emozioni e le sensazioni di un’adolescenza ingenua ed appassionata che, in nome dell’amore incondizionato per il cinema (i palpiti d’amore per l’altro sesso infatti cominciano solo timidamente a farsi sentire), provoca l’ira di un padre troppo impegnato nelle proprie rivendicazioni politiche e nelle fatiche dei campi per sfamare la famiglia. Sullo sfondo l’Italia di provincia di metà anni sessanta con i suoi campi di grano, le sue botteghe artigianali e alimentari, le sezioni di partito e la Chiesa, le chiacchiere e le maldicenze tipiche dei piccoli centri abitati. Ed è proprio quando le faccende degli adulti e le beghe politiche del paesino si intrecciano con il sogno di Salvatore che le cose si complicano e tutti scoprono la grave azione commessa in nome di una passione. A chiarire la scelta dell’ambientazione storica sono le parole dello stesso regista Giuseppe Papasso, documentarista e saggista, qui alla sua opera prima. <<Porto dentro di me tante cose degli anni sessanta. Così ho deciso di ambientare il film nel 1964, perché è stato un anno importante per il costume, la società e la politica italiana, zeppo di avvenimenti: la prima congiuntura dopo il miracolo, i forti contrasti nel centrosinistra che creano una delle più delicate crisi della storia della nostra Repubblica, la scomparsa di Togliatti il cui testamento nel memoriale di Yalta ha un significativo impatto nel nostro Paese>> ha dichiarato il regista.
La giovane età dei protagonisti e il tema della magia delle immagini in movimento, che finiscono per conquistare tutta la comunità, anche i più restii, conferiscono ad una storia emozionante l’afflato tipico della favola in grado di conquistare grandi e piccini, nonostante il film sconti qualche lungaggine di troppo e l’inesperienza recitativa dei giovani ed esordienti protagonisti.

Regia e soggetto: Giuseppe Papasso
Sceneggiatura: Giuseppe Papasso, Mimmo Rafele
Cast: Matteo Basso, Pascal Zullino, Daniele Russo, Maria Grazia Cucinotta, Alessandro Haber
Fotografia: Ugo Menegatti
Montaggio: Valentina Romano
Musiche:Paolo Vivaldi
Scenografia: Nunzia Decollanz
Costumi: Sandra Cianci
Origine: Italia
Distribuzione: Iris Film
Durata: 85 minuti

La versione di Barney. La vita straordinaria di un uomo comune




Tratto dall’ultimo romanzo dello scrittore ebreo canadese Mordecai Richler, La versione di Barney è il racconto di una vita straordinaria vissuta da un uomo comune, sempre in bilico tra dramma e commedia. Canada, 1975. Tornato dall’Italia in seguito al suicidio della giovane moglie, Barney Panofsky (Paul Giamatti) comincia a lavorare nelle produzioni televisive e si risposa. Ma proprio al suo ricevimento di nozze, incontra quella che sarà la donna della sua vita, Miriam (Rosamund Pike), che amerà fino alla fine dei suoi giorni. Nelle sale da venerdì 14.

La versione di Barney è un film capace di far ridere ed emozionare lo spettatore in modo del tutto inaspettato. Le tragedie di certo non mancano - i tradimenti e il suicidio della prima moglie, il fallimento del secondo matrimonio, gelosie ed idiosincrasie che portano alla fine del terzo, la misteriosa scomparsa del suo migliore amico Boogie (Scott Speedman) - ma Barney vive la sua vita lasciandosele scivolare addosso, almeno apparentemente, eccetto la fine della storia con Miriam dalla quale non si riprenderà mai. Barney appare burbero e scontroso, indossa una maschera fatta di autoironia e causticità che lo porta ad essere molto diretto con le persone che gli stanno attorno. Ma tutto questo è solo apparenza, una maschera, appunto, destinata a cadere solo quando sarà troppo tardi.
Tutta la sua storia ci viene raccontata da Barney stesso in flashback, in una alternanza di passato e presente in cui Barney vive negli ultimi giorni della sua vita, afflitto da un male incurabile, alla ricerca di quei ricordi che lentamente lo stanno abbandonando. È la sua visione del mondo e delle cose, e non è detto che sia quella che più si avvicini alla verità. Ma è l’unica storia che possiamo conoscere e, alla fine, come la moglie Miriam e come i suoi due figli, non possiamo fare a meno di amarlo, anche con tutti i suoi vizi e difetti, o forse soprattutto per quelli, nei quali non fatichiamo a riconoscerci in qualche modo. Come ci si riconosceva l’autore del libro, Mordecai Richler. La versione di Barney è infatti considerata da molti critici, nonostante le smentite dello stesso autore, come una sorta di autobiografia, con le dovute differenze tra personaggio ed autore. Non a caso il romanzo è considerato il suo libro più riuscito e di maggior successo, che in Italia divenne un vero e proprio caso letterario.
Paul Giamatti interpreta Barney con una straordinaria aderenza, fisica e mentale, al ruolo mentre Rosamund Pike illumina la pellicola nelle vesti graziose e quasi angeliche dell’amore di una vita, Miriam, donna sensibile, intelligente e paziente di cui Barney si innamora al primo sguardo, incantato dalla sua bellezza proprio durante i festeggiamenti del suo secondo matrimonio, che abbandonerà per rincorrerla. Completano il cast una volgarmente divertente Minnie Driver, nel ruolo della seconda moglie; Scott Speedman in quelli dell’affascinante ma sregolato miglior amico la cui misteriosa scomparsa, svelata solo nel finale, rappresenterà un punto di svolta nel processo di maturità di Barney, oltre a procurargli guai con la giustizia; Dustin Hoffman che caratterizza il personaggio del padre, poliziotto ebreo sboccato e irriverente.
Ignorando la fedeltà al libro, non posso che considerare La versione di Barney come un’opera pienamente riuscita in cui dramma e commedia, passato e presente, realtà e ricordi si fondono in una sinfonia di volti e personaggi, lacrime e risate sensazioni e sentimenti, questi sì, difficili da dimenticare.

Titolo originale: Barney’s Version
Regia: Richard J.Lewis
Sceneggiatura: Michael Konyves
Tratto dal romanzo La versione di Barney di Mordecai Richler
Cast: Paul Giamatti, Rosamund Pike, Minnie Driver, Scott Speedman, Dustin Hoffman
Direttore della fotografia: Guy Dufaux
Montaggio: Susan Shipton
Musiche: Pasquale Catalano
Scenografia: Claude Paré
Origine: Canada/Italia 2010
Distribuzione: Medusa
Durata: 2h e 12 min

mercoledì 5 gennaio 2011

Tamara Drewe – Tradimenti all’inglese




Tamara Drewe (Gemma Arterton) è una giovane giornalista, aspirante scrittrice, che torna nel paesino di campagna dove ha trascorso l'infanzia, per occuparsi della casa di famiglia in seguito alla morte della madre. Da brutto anatroccolo si è trasformata in cigno, anche grazie all’aiuto della chirurgia plastica: ha un nuovo naso e un paio di gambe mozzafiato. Il corpicino della giovane, sempre succinto in abiti mini, fa girare la testa all'ex fidanzatino Andy, al famoso romanziere fedifrago Nicholas Hardiment e alla rockstar Ben Sergeant. A muovere le file del teatrino tragicomico è Casey, ragazzina annoiata, resa folle dal fanatismo nei confronti del musicista. Nelle sale da mercoledì 5 gennaio.

Come recita il sottotitolo italiano del film, l’impronta british della pellicola non passa certo inosservata anche allo spettatore meno accorto, fornendo forma e sostanza ad una regia e ad una sceneggiatura che, come di consueto nelle opere di Stephen Frears, tratteggiano con grande realismo la classe media della società inglese, passandola impietosamente sotto la lente d’ingrandimento della macchina da presa.

Dopo Kureishi (My Beautiful Laundrette, Sammy e Rosie vanno a letto), Hornby (Alta Fedeltà) e Colette (Chéri), il sodalizio del regista con i soggetti tratti da opere letterarie si arricchisce dall’incontro con la graphic novel di Posy Simmonds, pubblicata a puntate sul Guardian e liberamente ispirata a “Via dalla pazza folla” di Thomas Hardy. La letteratura, anche quella tradizionalmente considerata “bassa”, si rivela ancora una volta un ottimo soggetto da rileggere e reinterpretare attraverso l’occhio indiscreto della macchina da presa.

Il risultato è decisamente apprezzabile e godibile: una commedia nera dalle sfumature romantiche ricca di humour che fornisce un ritratto satirico dei vizi, molti, e delle virtù, assai poche, del genere umano, imbrigliato in un reticolo di piccole e grandi malignità che caratterizzano l’assurdità del vivere quotidiano.

Titolo originale: Tamara Drewe
Regia: Stephen Frears
Cast: Gemma Arterton, Roger Allam, Bill Camp, Dominic Cooper, Luke Evans
Durata:111 minuti
Distribuzione: Bim

mercoledì 15 dicembre 2010

La banda dei Babbi Natali. Aldo, Giovanni e Giacomo ci riprovano



Il Natale si avvicina e così anche l’invasione di cine-panettoni made in Italy e film natalizi di varia natura. Anche il trio comico più famoso del piccolo e grande schermo italiano ci riprova e, dopo il deludente Il cosmo sul comò, torna al cinema con una commedia ambientata la notte della vigilia di Natale. Ne La banda dei Babbi Natale, Aldo, Giovanni e Giacomo interpretano tre strambi personaggi beccati dalla polizia in “fragranza di reato”, come direbbe il Tenente Benemerita (interpretato da Giovanni Esposito), proprio nell’atto di svaligiare un appartamento, così almeno in apparenza. Durante la lunga notte al commissariato, scopriremo in realtà che le cose non sono sempre come sembrano…Nelle sale da venerdì 17 dicembre.

Cosa ci fanno Aldo, Giovanni e Giacomo vestiti da Babbi Natale la notte della vigilia in giro per Milano? Semplice: svaligiano un appartamento. Si tratta dell’ennesimo colpo della banda che, da un paio di settimane, ha messo in ginocchio la polizia della capitale lombarda compiendo furti impunemente. Ne sono convinti i poliziotti che li hanno arrestati e la pensa così anche l’ispettore di polizia Irene Bestetti (Angela Finocchiaro) che non vede l’ora di sbatterli dietro le sbarre e tornare a casa dai figli e dal marito per preparare i tortellini per la cena di Natale. Purtroppo fin da subito intuiamo che la storia è più complicata di quel che sembra. L’interrogatorio alla centrale si trasforma così in un espediente per far addentrare lo spettatore nella storia e nelle complicate vite dei tre malcapitati, attraverso una serie di flashback e inserti onirici. Vite professionali ad affettive complicate fanno da sfondo a tre esistenze tragi-comiche perfettamente rappresentate dai membri del trio che tornano ad una comicità a loro più congeniale, attingendo a caratteri e personaggi di fantasia ma estremamente verosimili. Come non riconoscersi nel rapporto conflittuale tra Giovanni e i suoceri (Giorgio Colangeli e Mara Maionchi), nelle difficoltà a lasciarsi andare ai sentimenti di Giacomo o ai problemi economici di un Aldo alla costante ricerca di un lavoro stabile? Equivoci e situazioni paradossali si susseguono senza soluzione di continuità, regalando risate e anche qualche momento di romanticismo. Nel complesso, quindi, il film funziona e assolve al suo compito, quello di far divertire senza pensare ai problemi che ci affliggono quotidianamente, regalando una forse troppo abbondante ora e mezza di spensieratezza. Dispiace tuttavia l’insistita e reiterata violenza ingiustificata (semmai ne esista una giustificabile) nei confronti degli animali esibita dal film, in particolare dal personaggio di Giovanni, veterinario di dubbie qualità. Nessun moralismo, per carità, ma il problema principale resta il fatto che questi episodi non suscitano affatto il riso dello spettatore. Altra nota dolente, l’interpretazione di Mara Maionchi, che sembra essere capitata sul set del film per caso.

Regia: Paolo Genovesi
Soggetto e sceneggiatura: Aldo, Giovanni e Giacomo, Valerio Bariletti, Morgan Bertacca, Giordano    
                                          Preda
Cast: Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Angela Finocchiaro, Lucia Ocone, Mara
         Maionchi, Antonia Liskova
Direttore della fotografia: Giovanni Fiore Coltellacci
Scenografia: Eleonora Ponzoni
Montaggio: Marco Spoletini
Origine: Italia 2010
Distribuzione: Medusa
Durata: 100 minuti