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venerdì 14 gennaio 2011

Kill Me Please. La morte non è mai stata più divertente





Il suicidio assistito è una forma di eutanasia attiva e volontaria in cui al suicida vengono forniti i mezzi e le competenze necessarie a porre termine alla propria vita. Proprio di questo si occupa la clinica gestita dal dottor Kruger, medico all’avanguardia che sostiene la necessità nonché l’utilità sociale del suicidio come atto consapevole svolto sotto la supervisione medica. I suoi pazienti rappresentano un universo variegato e bizzarro di persone con disturbi fisici e/o mentali che desidera farla finita. Quando il mondo esterno, ostile e incoerente, irrompe nell’ambiente ovattato e surreale della clinica, il grottesco e tragico destino degli ospiti si compie... Nelle sale da venerdì 12.

Dopo aver trionfato del tutto inaspettatamente al Festival Internazionale del Film di Roma 2010, dove si è aggiudicato il Marc’Aurelio come Miglior Film, arriva finalmente nelle sale italiane Kill Me Please, secondo lungometraggio del regista, sceneggiatore e produttore francese Olias Barco. Un famoso comico con un cancro incurabile, un commesso viaggiatore che cela sordidi segreti, un ricco erede lussemburghese, una bella ragazza con manie autolesioniste, un vecchio cabarettista berlinese dalla voce rovinata e un uomo che ha perso tutto nel gioco d'azzardo, moglie compresa. Sono questi i protagonisti una commedia nera che tratta il tema della “dolce morte” cavalcando l’onda delle polemiche che l’argomento inevitabilmente suscita, attingendo dalla vita reale (in Svizzera esiste realmente un’associazione per l’eutanasia assistita, la Dignitas) e condendo il tutto con un pizzico di fantasia (o intuizione di ciò che verrà) e, soprattutto, con una dose massiccia di humour grottesco che rende il film deliziosamente e irriverentemente divertente. L’apice della follia si raggiunge alla fine, durante l’assedio da parte dei benpensanti cittadini dell’immaginario paese che ospita la clinica, immaginata come una struttura legalmente riconosciuta dallo stato, dal quale riceve fondi e per questo ha obblighi di prestazioni e regole terapeutiche e amministrative molto severe.
Il regista ha ammesso di essere stato ispirato da La grande abbuffata di Marco Ferreri, film contestatissimo al Festival di Cannes anno 1973, in cui un gruppo di commensali fa sua, con un eccesso di serietà che non può far altro che suscitare le risate dello spettatore, una logica inevitabile ed ossessiva, spingendola oltre i confini: mangiare fino a morire. Ma il richiamo, soprattutto dal punto di vista produttivo, è anche al film Il cameraman e l’assassino, uno dei pochi mockumentary che si spinge fino al punto di decostruire il genere documentario. Non a caso, nel film di Barco ritroviamo un livido bianco e nero e uno stile di regia asciutto ed essenziale tipico del documentario, una narrazione realistica anche nella sua eccessiva stranezza. <
Nonostante gli sforzi per programmare la morte e renderla così meno dolorosa, un destino ineluttabile fa sì che questa giunga a colpire inaspettatamente e indiscriminatamente con violenza inaudita. In definitiva, la morte non ha mai fatto così ridere.

Regia: OLIAS BARCO
Sceneggiatura: OLIAS BARCO, VIRGILE BRAMLY e STÉPHANE MALANDRIN
Cast: AURELIEN RECOING, VIRGILE BRAMLY, VIRGINIE EFIRA, BOULI LANERS
Scenografie: VINCENT TAVIER
Fotografia: FRÉDÉRIC NOIRHOMME
Costumi: ELISE ANCION
Montaggio: EWIN RYCKAERT
Origine: Belgio/Francia 2010
Distribuzione: Archibald Enterprise Film
Durata: 95min.

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