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venerdì 30 aprile 2010

Oceani 3D. Viaggio tridimensionale nelle profondità marine








Esce nelle sale venerdì 30 aprile Oceani 3D, documentario sulle meraviglie marine diretto dai fratelli Jean-Jacques e Francois Mantello. La pellicola è il primo film subacqueo girato interamente in Digital 3D in alta definizione, una tecnologia che permette letteralmente agli spettatori di immergersi nel blu profondo di un ecosistema infinitamente ricco, e altrettanto infinitamente fragile, senza abbandonare il comfort della sala cinematografica. Il doppiaggio italiano del film è stato affidato ai comici Aldo, Giovanni e Giacomo che raccontano il viaggio dal punto di vista di una tartaruga marina.

Oceani 3D è infatti la storia di una tartaruga Caretta-caretta che attraversa l’oceano per andare a depositare le uova su una spiaggia dall’altra parte dell’oceano. Il suo viaggio viene raccontato dalla voce di tre strani personaggi che, per tutta la durata del film, non si vedono, fatta eccezione per la scena finale. A narrare il favoloso viaggio e a commentare l’incontro con le varie creature abitanti degli abissi è il trio di comici più famoso d’Italia che, per l’occasione, si cimenta in una esperienza del tutto nuova, quella del doppiaggio in studio, caratterizzata ancora una volta dalla comicità che lo ha rese celebre. Orfano però della fisicità che da sempre rappresenta un punto di forza dei precedenti lavori teatrali, televisivi e cinematografici, l’umorismo di Aldo, Giovanni e Giacomo risulta qui meno efficace e mostra presto il fiato corto, di certo non aiutato da un commento onnipresente e pervasivo che appesantisce decisamente la visione. E dispiace, soprattutto perché la bellezza delle immagini mozzafiato di cui il film si compone, insieme alla meraviglia della visione tridimensionale, sarebbe bastata a catturare l’attenzione del pubblico.

L’intento principale della pellicola è senza dubbio quello di affascinare e attrarre lo spettatore, adulto o bambino che sia, mostrando immagini suggestive mai viste prima o comunque mostrate in modo del tutto nuovo attraverso l’ausilio della tecnologia stereoscopica, che permette allo spettatore un’immedesimazione totale e un coinvolgimento senza precedenti. A patto di sospendere l’incredulità, lo spettatore può lasciarsi trasportare in un viaggio fluttuante e sospeso tra i luoghi e gli abitanti di un biosistema per molti versi sconosciuto e misterioso. Ma dopo l’incanto arriva il momento della riflessione, e il finale, col suo lungo elenco di specie a rischio d’estinzione, richiama lo spettatore alla realtà inviando un messaggio potente e stimolante di sensibilizzazione a favore della conservazione degli oceani e del loro habitat naturale.

La realizzazione del film è durata ben sette anni, dal febbraio 2001 al luglio 2008. Questo il tempo necessario per realizzare 1500 ore di riprese subacquee durante le 26 spedizioni in location sparse in tutto il mondo, tra cui: USA, Polinesia Francese, Bahamas, Australia e Messico.

Oceani 3D è prodotto da Jean-Michel Cousteau, figlio del leggendario esploratore oceanico Jacques, e dalla 3D Entertainment, società indipendente in forte crescita e specializzata nella produzione e distribuzione di originali e innovativi film subacquei in 3D (Ocean Wonderland 3D, Sharks 3D, Dolphins and Whales 3D) prodotti specificatamente per le sale cinematografiche IMAX di tutto il mondo. Alla realizzazione di queste opere, così come accaduto per Oceani 3D, ha partecipato anche l’UNEP, il Programma Delle Nazioni Unite per l’Ambiente che, fin dal 1972, agisce da catalizzatore, sostenitore, educatore e mediatore nella promozione dell’utilizzo sostenibile delle risorse naturali e della tutela ambientale.

Titolo originale: OceanWorld 3D Regia e sceneggiatura: Jean-Jaques & Francois Mantello Direttore della fotografia: Gavin McKinney Musiche: Christophe Jacquelin Origine: Gran Bretagna 2009 Durata: 82 minuti Distribuzione: Eagle Pictures


mercoledì 28 aprile 2010

Sotto il Celio Azzurro. Il documentario di Edoardo Winspeare al Nuovo Cinema Aquila di Roma


Maestri che lottano per la sopravvivenza nell’Italia di oggi. Sono loro, insieme ai bambini che quotidianamente contribuiscono ad educare, i protagonisti dell’ultimo documentario del regista salentino Edoardo Winspeare. Sotto il Celio Azzurro, originale titolo che sfrutta il gioco di parole reso possibile dal nome del rione di Roma in cui la scuola è ubicata, racconta l’energia e la passione degli educatori del primo centro multiculturale in Italia per accoglienza di bambini stranieri in età prescolare. Una potente immersione nella vita vera di questi individui che portano avanti ogni giorno un ostinato e rigoroso lavoro sull’identità di ognuno e il rispetto dell’altro. In sala da venerdì 30 aprile.

Le immagini del film sono il risultato dell’immersione totale del regista nel contesto della scuola, immersione avvenuta durante un intenso anno di riprese. <<Quando più di un anno fa Graziella Bildesheim (produttore del film, NdR) e il mio amico Paolo Carnera, direttore della fotografia di tutti i miei film, mi hanno proposto di girare un documentario sul Celio Azzurro avevo pensato di rifiutare>> ha affermato Winspeare. << Non che non sentissi l’importanza del tema dell’educazione dei bambini, semplicemente non l’avevo coltivato. Ciò nondimeno accettai di conoscere i maestri di questa bella scuola materna. Dopo aver passato con loro un po’ di tempo i miei dubbi sono spariti perché ho visto con i miei occhi che cos’è la bellezza dell’educazione, direi anzi, la gioia di formare dei giovani esseri umani>>.

Nato nel 1990, il centro multiculturale Celio Azzurro si afferma indiscutibilmente come un modello all’educazione dei più piccoli e al dialogo tra culture diverse decisamente vincente e dovrebbe rappresentare un esempio per tutte le strutture che operano nell’ambito dell’educazione. Celio Azzurro, infatti, non è solo una scuola materna ma un vero e proprio modo di fare società che coinvolge bambini e genitori nella crescita e nell’educazione attiva a favore di una collettività più matura e consapevole. Non a caso il documentario comincia con un momento di aggregazione che vede protagonisti proprio i genitori dei piccoli allievi. Oggi la scuola ospita 45 bambini di età compresa tra 3 e 5 anni appartenenti a 32 nazionalità differenti, in percentuale così ripartiti: 70% bambini stranieri e misti, 30% bambini con entrambi i genitori italiani.

In un momento sociale come quello attuale, caratterizzato da una forte tensione inerente il tema dell’immigrazione, il film afferma l’importanza di investire nella prevenzione del disagio sociale attraverso la comprensione e l’integrazione, nel rispetto delle diversità e peculiarità di ogni esistenza, piuttosto che nella repressione di questo stesso disagio.

Giovedì 29 aprile alle ore 20.30 il regista Edoardo Winspeare presenterà il film in anteprima al pubblico del Nuovo Cinema Aquila di Roma (via l’Aquila 68, 00176, Roma) assieme al cast del film. Sotto il Celio Azzurro sarà inoltre il titolo di chiusura della stagione 2009-2010 del progetto Cinemamme!, iniziativa sostenuta dal cinema e dall’Associazione Città delle Mamme in collaborazione col Municipio Roma VI che consente alle neo-mamme di assistere alle proiezioni cinematografiche in una sala attrezzata per i piccoli accompagnatori (con fasciatoio, pannolini, scalda-biberon), a volume moderato e al prezzo agevolato di 3 euro.

Distribuito dalla Fabulafilm, il film esce inizialmente a Roma e Milano, per poi proseguire il suo cammino a Firenze, Torino e Bologna, mentre per il prossimo anno scolastico è previsto un percorso anche nelle scuole.


Regia: Edoardo Winspeare

Fotografia: Paolo Carnera

Montaggio: Luca Benedetti, Sara Pazienti

Musica: Gabriele Rampino

Durata: 80 minuti

Distribuzione: Fabulafilm

martedì 20 aprile 2010

Italian Dvd & Blue-Ray Awards 2009



Sono stati consegnati alla Casa del Cinema di Roma gli Italian Dvd & Blue-Ray Awards 2009. L’unico grande premio legato al mondo dell’home entertainment prosegue nel suo costante percorso di rinnovamento e, in occasione della settima edizione, cambia nome prendendo atto di un nuovo e affascinante volto della fruizione domestica: il blue-ray. La serata, condotta dall’attrice rumena Ana Caterina Morariu, ha visto l’assegnazione dei premi ai migliori dvd e blue-ray votati da oltre 500 giornalisti ed esperti del settore.

Due le giurie designate ad aggiudicare i premi: la prima, quella talents, composta tra gli altri dal regista Alessandro D’Alatri, che l’ha presieduta, e dagli attori Christiane Filangeri e Adriano Giannini; la seconda, quella tecnica, formata da giornalisti e critici cinematografici del calibro di Claudio Masenza (il presidente), Enrico Magrelli e Boris Sollazzo. Molti i premi assegnati, tra cui quello al Miglior DVD attribuito a The Millionaire (Lucky Red) e quello al Miglior DVD Italiano vinto da Pranzo di Ferragosto (Fandango). I premi del pubblico, assegnati dalle votazioni sul sito Best Movie, sono andati a Twilight, premiato come miglior DVD, e alla commedia Diverso da chi? come Miglior DVD Italiano. Il premio è stato ritirato da Luca Argentero.
I premi speciali sono stati consegnati al regista Giuliano Montaldo, autore attento ed elegante che ha utilizzato il suo talento per raccontare storie scomode e importanti; al critico cinematografico Paolo Mereghetti per aver scritto della vita del mondo del dvd e del blue-ray sin dall’inizio sul più diffuso quotidiano italiano; a Marco Spagnoli, giornalista e critico cinematografico nonché direttore artistico della manifestazione e autore del documentario Hollywood sul Tevere, candidato ai David di Donatello, a cui la Dvd Academy ha voluto rendere omaggio.

Per il palmarès dei premi assegnati: http://www.italiandvdawards.it/pressarea.asp?anno=2010&news=65

giovedì 15 aprile 2010

Perdona e dimentica. Il ritorno di Solondz alla “Felicità”



Dopo la vittoria del premio per la Migliore Sceneggiatura ottenuta alla 66° Mostra del Cinema di Venezia, arriva nelle sale italiane Perdona e dimentica, sesto lungometraggio del regista americano Todd Solondz.

A 11 anni di distanza da Happiness, di cui Perdona e dimentica rappresenta in parte un seguito e in parte una variazione sul tema, Solondz torna ad esplorare l’universo della famiglia Jordan, segnata da pesantissime tragedie quali pedofilia, depressione e solitudine. Tutti temi che compongono il ritratto crudo e spietato, seppure mai privo di ironia, di un’America che esiste ma di cui nessuno sembra voler parlare, almeno non nel modo in cui riesce a farlo il regista.

Il racconto, caratterizzato da personaggi e trame che si incastrano e si dilatano fino a scontrarsi, è basato su due tematiche, perdonare e dimenticare, descritte come complementari e allo stesso tempo antitetiche: se si dimentica, non si perdona; se si perdona, spesso non si dimentica.

Solondz è estremamente abile nel comporre un quadro emotivamente risonante di individui prigionieri dell’amore e della vita, confermando un talento d’autore molto attento alle psicologie dei personaggi e a quei sottili e perversi meccanismi sempre in agguato nelle dinamiche che caratterizzano le relazioni familiari in primis e quelle umane in generale. Inevitabilmente, divertente e tragico, oltraggioso e toccante si combinano in una commedia audace e spietata che, sebbene meno scioccante in termini di descrizioni grafiche della sessualità, non elude la natura provocante del suo precursore. <<C’è un intervallo di dieci anni tra gli eventi di Happiness e quelli di Perdona e dimentica>>, dichiara Solondz. <<Tuttavia preferisco non essere obbligato dalla letteralità temporale o circostanziale. Amo cogliere le cose alla sprovvista, avvicinarle da un angolo nuovo. Per esempio, alcuni personaggi sono invecchiati di cinque anni, altri di venti. Alcune storie sono state trasformate. Ho fatto in modo che l’elemento razziale non fosse statico. Naturalmente il cast è completamente differente. In questa maniera è più divertente ed interessante>>. Decisione coraggiosa e quanto mai vincente, se si pensa che proprio gli interpreti di Perdona e dimentica si affermano come uno degli elementi maggiormente degni di nota del film. Si tratta di un cast eclettico che include attori consolidati dell’industria cinematografica come Allison Janney (Juno, The Hours, American Beauty) e Charlotte Rampling (La caduta degli dei, Il Portiere di notte, Stardust Memories), nonché l’attrice inglese Shirley Henderson (Il diario di Bridget Jones, Harry Potter) e Ciaran Hinds (Munich, Ca$h, la serie televisiva HBO Rome), meglio conosciuti all’estero che non negli Stati Uniti.

Perdona e dimentica segna la prima collaborazione tra Solondz e il direttore della fotografia Ed Lachman che, per l’occasione, ha deciso di utilizzare una nuova tecnologia per la realizzazione del film in alta risoluzione. La tecnologia RED, caratterizzata da una qualità più cinematografica grazie ad immagini a più alta risoluzione e ad un controllo migliore sulla profondità di campo, fornisce al film uno stile visivo completamente diverso rispetto ai primi film di Solondz, una cosa che sia il regista che il direttore della fotografia ricercavano. <<Questi personaggi vivono in un mondo di fantasia e le immagini si prestano ad un certo tipo di stilizzazione>>, spiega Lachman. <<La superficie delle cose è importante in questo mondo. Per il film abbiamo creato una consistenza quasi plastica che si adatta perfettamente e permette a Todd di muovere l’emozione interna verso il mondo esteriore>>.

Perdona e dimentica esce in concomitanza con la monografia Sgradevole è bello, dedicata al mondo nel cinema di Todd Solondz, scritta dal giornalista e critico cinematografico Diego Mondella.



Titolo originale: Life During Wartime

Scritto e diretto da: Todd Solondz

Cast: Shirley Henderson, Ciaran Hinds, Allison Janney, Michael Lerner, Chris Marquette, Charlotte Rampling, Ally Sheedy, Dylan Riley Snyder, Renée Taylor, Michael Kenneth Williams

Fotografia: Ed Lachman, A:S:C:

Montaggio: Kevin Messman

Scenografia: Roshelle Berliner

Costumi: Catherine George

Musiche: Doug Bernheim

Origine: USA 2009

Distribuzione: Archibald Enterprise Film

Durata: 96 minuti


mercoledì 14 aprile 2010

25 Torino Film GLBT Film Festival - Da Sodoma a Hollywood.

Si terrà dal 15 al 22 aprile la 25° edizione del Torino Film GLBT Film Festival - Da Sodoma a Hollywood. Il Festival, diretto da Giovanni Minerba, celebra le sue nozze d’argento in un’edizione ricca di novità e cambiamenti. In occasione del venticinquennale, la manifestazione si propone in una veste in parte rinnovata, con una nuova squadra di collaboratori. A cominciare dall’immagine, realizzata per questa edizione, dal grande pittore e scultore Ugo Nespolo. L’apertura della 25° edizione è affidata a un’ospite d’eccezione: sarà infatti Claudia Cardinale a inaugurare il Festival con la presentazione de Le Fil del tunisino Mehdi Ben Attia.

L’edizione d’esordio del Festival risale al 1986. Si trattava di una piccola ma già coraggiosa manifestazione in un’epoca in cui l’acronimo GLBT non faceva ancora parte del lessico comune. Dopo ben venticinque anni di e con il cinema, la comunità gay ed il pubblico in generale, il Torino GLBT è divenuto oggi il più antico Festival d’Europa e terzo nel mondo solo ai leggendari Frameline di San Francisco e Outfest di Los Angeles. Il bagaglio di esperienze, idee e immagini portato avanti dalla rassegna è andato inevitabilmente di pari passo con la visibilità e le conquiste del movimento gay, un patrimonio che si è ormai tramutato in memoria storica.


Sono 175 i film presenti, tra lungometraggi, cortometraggi e documentari in Concorso, omaggi (Open Eyes), Midnight Madness, Retrospettiva e Binari, la nuova sezione che racchiude un gran numero di opere fuori concorso. Circa 30 le nazioni presenti, una vera e propria olimpiade del cinema gay. A fare la parte del leone sono naturalmente gli Stati Uniti con 32 titoli (ma nessuno nel concorso lunghi). Tra gli europei spiccano la Spagna e la Francia, rispettivamente con 13 e 11 film, mentre gli italiani sono 7 (ma solo uno gareggia per un premio nella competizione che riguarda i corti, La capretta di Chagall).

Tra i titoli del concorso lungometraggi: El niño pez (The Fish Child), di Lucía Puenzo, che racconta la storia della giovane e borghese Lala, follemente innamorata della paraguayana Guayi, la domestica che presta servizio nella sua famiglia; lo “scandaloso” Do Começo ao Fim (From Beginning to End), di Aluisio Abranches, che s’insinua nella storia d’amore fra due fratelli e El cónsul de sodoma, di Sigfrid Monleón, con Bimba Bosè, nipote di Lucia, dedicato a Jaime Gil de Biedma, uno dei poeti spagnoli più importanti della seconda metà del XX° secolo.

Nelle altre sezioni, tra gli altri, ci saranno titoli come Little Ashes di Paul Morrison con Robert Pattinson (l’attore divo di Twilight), Mary Lou di Eytan Fox e il documentario New York Memories, cronaca del ritorno nella Grande Mela del regista tedesco Rosa Von Praunheim.


Fra i temi in evidenza in questa edizione quello del tormentato, intenso e, a volte, morboso rapporto tra madri (e padri) e figli omosessuali rappresenta il fil rouge presente in molti film in programma tra cui l’americano Prayers for Bobby di Russel Mulcahy, dove Sigourney Weaver (che per questa interpretazione è stata candidata per il Golden Globe) interpreta Mary, una donna della middle-class con quattro figli che segue gli insegnamenti della Chiesa Presbiteriana. Quando il figlio Bobby, confida al fratello maggiore di essere gay, l’intera famiglia è sconvolta. Mary è convinta che la religione possa “curarlo” ma gli eventi prendono un’altra piega. Tra le altre tematiche dal festival troviamo la bisessualità, non vissuta più come indecisione ma come scelta e, in una società sempre più invecchiata e consapevole, i problemi dei gay anziani.


Per festeggiare il suo anniversario, il Torino GLBT presenta una retrospettiva dal titolo: “I venticinque film che ci hanno cambiato la vita”. Venticinque evocative suggestioni scelte tra le tante pellicole presentate al Festival nel corso di questi anni, una sorta di glossario delle emozioni più forti vissute insieme. Tra i titoli in programma: Happy Together di Wong Kar-Way e Festa per il compleanno del caro amico Harold di William Friedkin.

Il premio “Dorian Gray, creato anch’esso da Ugo Nespolo e una della novità significative che caratterizza l’edizione del venticinquennale, sarà consegnato a James Ivory, regista di Maurice e presente al Festival anche con il suo ultimo film The City of Your Final Destination tratto dall’omonimo libro di Peter Cameron.

La sezione Focus – che accompagnerà di anno in anno il Festival - intende fare luce su temi particolarmente sentiti dalle comunità gay di tutto il mondo. Il Focus Dio Mio: Religioni e omosessualità intende affrontare il controverso rapporto tra Fede e Omosessualità, soprattutto per quanto riguarda le religioni monoteiste, cristianesimo, ebraismo e islamismo, mentre Omofobia. L’odio mangia l’anima dà spazio a quelle realtà in cui l’omosessualità è considerata un reato (Camerun, Iran, Uganda, Mongolia) con tre reportage scioccanti e un cortometraggio di denuncia. Senza trascurare, allo stesso tempo, due esempi di campagne contro l’omofobia ideate da paesi dell’emisfero occidentale, Francia e Israele.

Tra gli eventi più curiosi del festival segnaliamo Midnight Madness, tre notti con il “cinema di genere” che nasce dall’esigenza di dare visibilità a film che, di solito, trovano poco spazio all’interno delle programmazioni festivaliere: un omaggio al cinema bizzarro, estremo, assurdo, kitsch letto, naturalmente, in chiave gay.

Per maggiori informazioni e per il programma completo del Festival consultare il sito internet: http://www.tglff.com/

lunedì 12 aprile 2010

Hatchet. L’orrore nelle paludi della Louisiana




Arriva nelle sale italiane dopo ben 4 anni dalla produzione Hatchet, horror slasher a metà strada tra omaggio e parodia del genere proliferato tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta in America e non solo. Nel film diretto da Adam Green, un gruppo di ragazzi in gita a New Orleans resta isolato all’interno di una palude maledetta sulla quale aleggia la leggenda di Victor Crowley, ragazzino nato deforme e ucciso dal padre per errore durante l’incendio della loro abitazione appiccato da alcuni ragazzini in una notte di Halloween. Secondo la leggenda, Victor girovago ancora per i boschi…

Nonostante lo status di invisibile (il film è uscito in una sola copia lo scorso 2 aprile), Hatchet si rivela meno peggio di quanto ci si potesse aspettare. La messa in scena non si rivela piatta e scialba come in altri film horror ben più visibili e le scene in cui il killer deforme entra in campo sono dotate di un buon ritmo e sostenute da un efficace colonna sonora, sebbene l’elemento sorpresa continuamente ricercato appiattisca l’imprevedibilità della narrazione, riducendo il film, dopo la prima mezz’ora di calma piatta, ad una serie di inseguimenti e girovagare per i boschi sterile e fine a sé stessa, senza un minimo di suspence di cui un film del genere non può assolutamente fare a meno. L’ironia attraverso la quale il regista e sceneggiatore cerca di stemperare la tensione, che ribadiamo è praticamente inesistente, risulta troppo insistita e poco efficace: domina il film per tutta la prima mezz’ora, in cui battute a sfondo sessuale e dialoghi idioti annoiano fino allo sfinimento, e contamina anche la parte centrale del film, quella decisamente più interessante, senza riuscire a trovare un canale di comunicazione adeguato e finendo per diventare vero e proprio humour demenziale.

Per la realizzazione del film, il regista ha ammesso di essersi ispirato ai film capostipiti del filone slasher: <<I miei primi ricordi di film horror sono Venerdì 13 II – L’assassino ti siede accanto, La cosa di John Carpenter, Un lupo mannaro americano a Londra e Nightmare – Dal profondo della notte. Hatchet, che potrei aver fatto nel 1984, è ovviamente ispirato a queste pellicole>>. Motivo d’interesse del film sembra proprio essere questa sua natura dichiarata di omaggio ad un genere che fu, riportato ultimamente in auge secondo i gusti cinematografici delle nuove generazioni da sequel, remake e reboot vari, dai quali Hatchet si distingue per la scelta di non utilizzare la computer grafica nella realizzazione degli effetti speciali, ottenuti artigianalmente attraverso trucchi e protesi.

E il richiamo ai gloriosi film del passato è rappresentato anche dalla presenza di tre delle icone horror più famose del genere: Robert Englund (Freddy Krueger nella serie Nightmare), Kane Hodder (interprete di Jason Voorhees in molti film della saga Venerdì 13) e Tony Todd (meglio noto per la sua interpretazione del killer Candyman nell’omonima serie cinematografica). E sebbene le partecipazioni di Englund e Todd possano essere considerate dei semplici cameo, Kane, interprete di Victor Crowley da adulto, è senza dubbio un personaggio principale perché secondo le stesse parole del regista: <<Victor Crowley è Hatchet>>.

Secondo recenti indiscrezioni, il seguito di Hatchet, che in realtà sarebbe stato pensato come una trilogia, è previsto proprio per il 2010. Tuttavia, la visione di questo e dei successivi eventuali capitoli è strettamente consigliata ad un pubblico di soli fan nostalgici del genere slasher anni Ottanta.


Regia e sceneggiatura: Adam Green

Cast: Joel David Moore, Tamara Feldman, Deon Richmond, Mercedes McNab, Robert Englund

Fotografia: Will Barrat

Montaggio: Cristopher Roth

Musiche: Andy Garfield

Effetti speciali: John Carl Buechler

Origine: USA 2006

Distribuzione: Onemovie

Durata: 84 min.

mercoledì 7 aprile 2010

L’uomo nell’ombra. Il nuovo thriller politico di Roman Polanski



Un ghostwriter inglese (Ewan McGregor) viene assunto per completare le memorie dell’ex Primo Ministro britannico Adam Lang (Pierce Brosnan), dopo che il suo predecessore, lo storico assistente di Lang, è morto in uno sventurato incidente. Mentre lavora, il ghostwriter scopre che il suo predecessore potrebbe essersi imbattuto in un segreto oscuro che riguarda Lang e che, forse, la spiegazione della sua misteriosa morte si nasconde nel manoscritto che ha lasciato. In un mondo in cui niente e nessuno sono quello che sembrano, il ghostwriter scopre che il passato può risultare mortale e che la Storia dipende da chi riesce a rimanere vivo per scriverla. Questa, in sintesi, la trama de L’uomo nell’ombra, il nuovo film di Roman Polanski nelle sale da venerdì 9 aprile.

Vincitore dell’Orso d’Argento per la Miglior Regia al 60° Festival di Berlino, L’uomo nell’ombra è basato sul romanzo Il ghostwriter (Mondadori), scritto dall’autore di bestseller Robert Harris, vincitore de l’ International Thriller Writers’ Award per il miglior romanzo del 2008. Un ghostwriter, letteralmente scrittore fantasma, è un autore professionista, pagato per scrivere opere (libri, articoli, storie) che sono ufficialmente attribuiti ad un'altra persona. Nel film, il protagonista è proprio il ghostwriter narratore della storia di cui non conosciamo mai il nome. Harris, ex cronista politico che ha lavorato attivamente con Polanski per adattare il libro e portarlo sul grande schermo, ha confessato di essere stato influenzato, durante la realizzazione del libro, dal maestro della suspence Alfred Hitchcok: <<Ammiro moltissimo i thriller di Alfred Hitchcock>> rivela Harris. <<Il modo in cui una persona qualunque si ritrova coinvolta in un mondo altro. Anche se ogni passo che fa ha una sua logica, tuttavia la storia diventa sempre più folle. Amo quel genere e Hitchcock ne era il maestro. Sicuramente, ho cercato di inserire un elemento simile in L’uomo nell’ombra. Il protagonista è un tipo ordinario e senza nome, che svolge un lavoro che lo porta in un mondo straordinario. E noi andiamo in quel mondo con lui. Quello che mi affascina del genere thriller (e penso che Roman condivida) è la sua energia e carica narrativa>>.

L’uomo nell’ombra è ambientato principalmente in America, in una cittadina marittima fuori stagione, su un’isola che si trova sulla costa orientale degli Stati Uniti. L’ambientazione e il clima sono stati scelti per delle ragioni precise: fornire la sensazione di un esilio, un isolamento forzato in un luogo ostile in cui l’eroe deve far ricorso a tutte le sue energie per non finire schiacciato dal susseguirsi imprevisto degli eventi che minacciano la sua vita. E l’ambientazione è sicuramente uno degli elementi più affascinati della pellicola che, seppur a tratti finisce per procedere un po’ a rilento, rendendo l’indagine discontinua, tra momenti al limite della noia e una soluzione finale non del tutto scontata ma piuttosto prevedibile, si conferma un thriller di fattura più che discreta.

Il film esce in un periodo non facile per Polanski, attualmente agli arresti domiciliari in Svizzera, nella sua casa di Gstaad, in attesa di una decisione definitiva da parte della magistratura elvetica in merito alla sua estradizione negli Stati Uniti. Arrestato lo scorso 26 settembre, il 76enne regista è infatti ricercato dalla giustizia statunitense per violenza carnale su una minorenne, reato commesso nell’ormai lontano 1977.

Titolo originale: The Ghost Writer

Regia: Roman Polanski

Sceneggiatura: Robert Harris e Roman Polanski

Tratto dal romanzo Il Ghost Writer di Robert Harris

Cast: Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattral, Olivia Williams, Tom Wilkinson

Direttore della fotografia: Pawel Edelman

Scenografie: Albrecht Konrad

Montaggio: Herve De Luze

Musiche: Alexandre Desplat

Costumi: Dinah Collin

Origine: USA/Germania 2010

Durata: 131 minuti

Distribuzione: 01 Distribution