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lunedì 22 novembre 2010

Ancora nei cinema: Inception – I labirinti della mente di Christopher Nolan


  
Dom Cobb (Leonardo Di Caprio) è un estrattore che ruba segreti dalle menti delle persone, mentre queste stanno dormendo e sognando, spesso in bilico tra il mondo reale e quello onirico. Insieme al suo socio Arthur (Joseph Gordon-Levitt), Cobb si infiltra nei sogni di un potente uomo d'affari giapponese di nome Saito (Ken Watanabe) per eseguire un'estrazione, un processo con il quale è possibile rubare informazioni dal subconscio del soggetto. L'estrazione fallisce quando Mal (Marion Cotillard), la moglie defunta di Cobb che appare sotto forma di proiezione del suo subconscio, interferisce con l'operazione. Saito propone a Cobb un accordo: gli permetterà, grazie alle sue conoscenze, di tornare dai due figli, dai quali è dovuto fuggire quando venne accusato dell'omicidio della loro madre. In cambio, il team di estrattori dovrà eseguire per lui il pericoloso processo opposto chiamato inception, ovvero l'innesto di un'idea nella mente di Robert Fischer (Cillian Murphy), figlio del rivale in affari di Saito. L'idea consiste nel convincere l'uomo a dividere il suo impero economico alla morte del padre.
Christopher Nolan da sempre gioca con la percezione dello spettatore scomponendo lo spazio e il tempo delle sue storie. Fin dai tempi di Memento, film (quasi) d’esordio del regista e sceneggiatore britannico, Nolan frammenta la dimensione temporale del racconto, stimolando l’attività cerebrale dello spettatore che, se vuole capirci qualcosa, non può permettersi la passività che spesso accompagna la visione. In Inception Nolan si spinge oltre arrivando a moltiplicare e differenziare non solo la dimensione temporale, ma soprattutto i piani e gli spazi fisici della storia, tra “realtà”, sogno e livelli onirici vari. La costruzione dello spazio onirico risulta senza dubbio affascinante, si tratta dell’elemento di maggior pregio del film, così come il legame tra Cobb e la moglie defunta. L’intreccio, tuttavia, risulta solo moderatamente avvincente. La causa, a parere di chi scrive, è l’appeal della storia di fondo, la motivazione alla base dell’inception , alla cui scelta Nolan avrebbe potuto dedicare maggiore attenzione. La sensazione è che l’autore abbia badato più alla confezione che al contenuto, confezionando in maniera affascinante un materiale narrativo modesto. Il finale ambiguo, poi, non giova al fine del giudizio complessivo, anzi.

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